Recensione – Il mondo deve sapere 

  • Autrice: Michela Murgia 
  • Genere: autobiografia, drammatico, satira 
  • Prima pubblicazione: 2006
  • Prezzo di copertina: 9,00€
  • Numero di pagine: 144
  • Casa editrice: isbn Edizioni


Michela Murgia (Cabras, 3 giugno 1972) è una scrittrice italiana.  
Nel suo primo libro (Il mondo deve sapere), dapprima concepito e praticato come un blog, ha raccontato satiricamente la realtà degli operatori di telemarketing all’interno del call center di un’importante multinazionale (Kirby Company), descrivendo lo sfruttamento economico e la manipolazione psicologica a cui sono sottoposti questi lavoratori precari. 

Nel 2008 pubblica, per Einaudi, Viaggio in Sardegna, una guida letteraria a luoghi meno noti dell’isola. Nel 2009 pubblica, sempre per Einaudi, il romanzo Accabadora, una storia che intreccia nella Sardegna degli anni cinquanta i temi dell’eutanasia e dell’adozione.

Nel 2011 pubblica, per Einaudi, Ave Mary. E la chiesa inventò la donna,.

Nell’ottobre del 2015 esce per Einaudi il romanzo Chirú. Nella primavera del 2016, ancora per Einaudi, dà alle stampe il pamphlet Futuro Interiore sui temi dell’identità, del potere e della democrazia.

Nella stagione televisiva 2016-17 partecipa alla trasmissione Quante storie di Rai 3 con una rubrica quotidiana di recensioni letterarie e consigli librari[8].

Dal 30 settembre 2017 conduce, il sabato pomeriggio su Rai 3, Chakra.

Fra le varie esperienze lavorative precedenti all’attività di scrittrice, quella di insegnante di religione nelle scuole, venditrice di multiproprietà, di operatore fiscale, di dirigente amministrativo in una centrale termoelettrica e quella di portiere di notte.

Michela Murgia nel gennaio 2006 viene assunta nel call center della multinazionale americana Kirby, produttrice del «mostro», l’oggetto di culto e devozione di una squadra di centinaia di telefoniste e venditori: un aspirapolvere da tremila euro, «brevettato dalla nasa». Mentre, per trenta interminabili giorni, si specializza nelle tecniche del «telemarchètting» e della persuasione occulta della casalinga ignara, l’autrice apre un blog dove riporta quel che succede nel call center: metodi motivazionali, raggiri psicologici, castighi aziendali, dando vita alla grottesca rappresentazione di un modello lavorativo a metà tra berlusconismo e Scientology. Quella della Murgia è stata una delle prime voci a raccontare il precariato in Italia, riuscendo a far riflettere, incazzare e, miracolosamente, a far ridere. Fino alle lacrime.

Che tipo di violenza emotiva, che pressione psicologica bisogna fare su un uomo di trent’anni per farlo arrivare a vomitare in strada piangendo?Quanto deve arrivare a sentirsi una merda un povero cristo perché non vende abbastanza aspirapolveri? 


“Il mondo deve sapere” non è un romanzo per due ragioni: nasce come blog e tratta di un’esperienza vissuta in prima persona dall’autrice. Ciò va sottolineato fin da subito in quanto entrambi gli elementi portano il libro a svilupparsi in una determinata maniera e risulterebbe pertanto scorretto giudicare quest’ultimo senza tenere conto del contesto. Ma di cosa parla “Il mondo deve sapere”?

Michela Murgia, dietro lo pseudonimo di Camilla, racconta la propria esperienza di un mese come telefonista presso un call-center. L’uso spropositato di ironia e sarcasmo, in un primo momento divertente, nasconde però la rabbia contro l’impostazione drammatica del lavoro: i contratti sono a progetto, ovvero incentrati sul raggiungimento di un traguardo che, se conseguito, nell’azienda di Camilla porta alla vincita di futili premi o, in caso contrario, alla pubblica umiliazione se non al licenziamento; non c’è spazio per le relazioni ma solo per la competizione, i sogni dei dipendenti vengono usati come strumento di ricatto. «Vali se produci. Altrimenti sei deludente, non sei una persona di successo. In questo ufficio prendere pochi appuntamenti per due giorni consecutivi è un dramma emotivo per molte di loro. E capisco anche perché, visto che la naturale sana competizione professionale viene spinta fino al distorto agonismo che ho visto oggi su quel palchetto. Se vinci non è solo perché sei il migliore, ma perché gli altri sono peggiori. Così c’è il doppio messaggio: gratificandone uno, azzeri mentalmente tutti gli altri.» Quando emerge la chiara denuncia al mobbing e al precariato i buffi siparietti descritti non fanno più ridere e si rivelano in tutto il loro orrore le tecniche di manipolazione usate dai dirigenti come, inconsciamente, dalle stesse telefoniste. Camilla però è diversa e comprende subito il quadro della situazione, anche se non lo rivela, collocandosi in qualche modo al di sopra delle colleghe più ingenue e malleabili. 

A livello letterario Michela Murgia sfoggia un ampio registro lessicale, seppur mescolato alla forma colloquiale originaria del blog. Tale forma comporta inoltre l’assenza di una trama e di un finale netto.

Una lettura appassionante e coinvolgente.

Da questo libro il film di Paolo Virzi “Tutta la vita davanti”. 

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